24 Giu
Da oggi in libreria arriva il nuovo libro del giornalista Mario Campanella, membro del comitato scientifico della Fondazione BRF Onlus – Istituto per la ricerca scientifica in Psichiatria e Neuroscienze. Il volume, edito da Arcana, sostiene l’ipotesi secondo cui Syd Barrett non fosse schizofrenico, ma affetto dalla sindrome di Asperger, una forma lieve di autismo che nel suo caso fu complicata da un uso impressionante di lsd e lo portò all’isolamento sociale nel quale visse per oltre 30 anni e fino alla morte.
Il libro arriva a dieci anni dalla morte dell’ispiratore di capolavori come Shine on your crazy diamond, Whish you were here, Hey you e analizza la vita di Barrett facendo una comparazione con l’infanzia tribolata di Hans Asperger, bambino dedito al soliloquio, che trarrà dai suoi problemi materiale utile per individuare, da grande, una sindrome dello spettro autistico che riguarda venti milioni di persone. Nella biografia, emerge come sin dalla più tenera età Barrett avesse mostrato inclinazioni e comportamenti tipici della sindrome aspergeriana, in parte fondamentali per la scrittura dei brani che diedero il primo successo al gruppo. L’uscita dalla band il 1968 è, secondo quanto scrive Mario Campanella, la conseguenza di un abuso quasi senza precedenti di acido lisergico, altri tipi di sostanze stupefacenti e farmaci.
In Syd Diamond compaiono interviste a Duggie Fields, il geniale pittore collaboratore di Stanley Kubrick che condivise l’appartamento con Barrett, alle due fidanzate storiche, Jenny Spires e Libby Gausden, al nipote Ian Barrett.
Tutti smentiscono la leggenda dei ricoveri del fondatore del rock psichedelico e della schizofrenia. Nel testo si ipotizza che Max Barrett, padre di Syd, apprezzato patologo britannico, fosse portatore della sindrome autistica. Il lavoro di Mario Campanella analizza la musica spaziale di Syd, il suo avveniristico messaggio, il rapporto con una Londra che forniva al mondo una serie.di insuperabili perle nella storia della musica.
Leggi un estratto del libro!
Per trovare un punto di convergenza si potrebbe dire che, nel triennio decisivo per la consacrazione, la sindrome spettrale e le droghe arrivano a uno strano equilibrio, una coabitazione che non depotenzia in alcun modo le sollecitazioni che giungono dalla sua vena artistica e che devono cercare un accordo non facile con la tendenza schizoide.
La relazione con Libby, iniziata a quattordici anni, riesce a garantirgli per tanto tempo una stabilità nel processo di emancipazione adolescenziale, che viene aggredito dalla perdita paterna .
Libby ha la forza di contenere la sua esplosività che è intermittente e la incanala in un rivolo di creatività , tenendolo ancora per un po’ lontano dalle tentazioni che nascono essenzialmente proprio dalla sua vera identità.
Le pulsioni musicali prendono letteralmente il sopravvento dopo una lunga letargia occupata dall’amore verso la pittura , i colori e le sperimentazioni linguistiche.
Nessuno ha misurato mai il quoziente di intelligenza di Barrett, posto che i parametri dovrebbero contemperare tanti aspetti , ma la sua genialità declamata iconoclasticamente forse più in ragione della sua vita che delle sue opere è già rintracciabile nella luce che gli si apre quando riesce a fare una sintesi (etimologicamente vicina alla sinestesia) di tutte le sue vocazioni individuando nella ”irrealtà “ della sua produzione musicale la ricetta che contiene insieme ogni singolo segmento di partecipazione alle arti.
Arrivare a pensare di cogliere la frenesia di quegli anni per le avventure spaziali collocandola in una offerta musicale, comunque sottoposta al vaglio commerciale, fu una mossa ardita, coraggiosa (o incosciente che si voglia) .
Ripeteremo spesso l’analogia con Kubrick perché è immaginabile che vi sia stata un’influenza circolare della musica dei primi Pink Floyd nell’opera del grande cineasta americano e che tutto questo sia avvenuto in forza di quella narrazione inconscia che lega l’Universo stesso in un filo sottile ma comune.
Se si riascolta Astronomy Domine si ha la percezione di ciò che sarebbe stato Hal in Odissey o si respira l’angoscia dell’astronauta che cerca di recuperare il suo posto nella staticità dopo essere stato espulso dalla navicella, trovandosi a combattere con i mostri generati da se stesso e sfuggitigli di mano .
E’ una comparazione che si genera dalla tendenza aspergeriana di Syd a elaborare nel soliloquio percezioni e soluzioni empiriche , però nutrite da una conoscenza selettiva e fantasiosa delle cose , mai sacrificate in ragione di considerazioni opportunistiche , sempre originali e prive di rarefazioni….