Psicobiotica: allarme dagli USA per la dieta poco variegata

L’intestino che funziona bene favorisce il benessere psicologico. Lo testimonia lo studio dell’irlandese John F. Cryan, neuroscienziato della University College di Cork, secondo cui esiste un legame diretto tra la salute della nostra flora batterica intestinale e lo sviluppo del nostro cervello, con ripercussioni anche sulla psiche e sulla salute mentale in generale. La teoria apre la strada a una nuova disciplina di ricerca, la “psicobiotica” che ha come oggetto lo studio del rapporto tra i microorganismi che vivono nel nostro corpo, quelli intestinali in particolare, e i problemi mentali.
Diventa allora interessante la recente pubblicazione di uno studio USA secondo cui alcune specie di batteri ‘buoni’ che colonizzano l’intestino sono in via di estinzione, a causa della dieta sbagliata seguita nel mondo occidentale moderno. 
A sostenerlo è uno studio delle università di Stanford, Harvard e Princeton pubblicata dalla rivista Nature, secondo cui, anche cercando di correggere l’alimentazione, sarebbe ormai impossibile ripristinare le specie perdute. Il microbioma intestinale, spiegano gli autori, contribuisce a regolare diverse funzioni dell’organismo, compreso il sistema immunitario.
L’argomento riveste una grande importanza anche per interventi di tipo psichiatrico e psicologico. Recentemente infatti numerose ricerche scientifiche hanno fatto luce sui legami fra microbioma intestinale e malattie psichiatriche. 
A causare l’impoverimento, hanno denunciato i ricercatori USA, è soprattutto l’abbandono di diete ricche di fibre in favore di carboidrati semplici e grassi. I ricercatori hanno simulato il processo nei topi da laboratorio, sottoponendoli a una dieta povera di fibre. Il risultato e’ stato che non solo nelle cavie il microbioma risultava impoverito, con il 60% delle specie presenti che ha visto un dimezzamento della popolazione, ma anche nella prole non erano presenti tutte le specie. Il fenomeno, scrivono gli esperti, risulta irreversibile, e anche il ritorno a una dieta ‘favorevole’ non fa tornare la composizione originaria. “Questo e’ un ecosistema complesso, ed è difficile predire quale sarà l’effetto di una perdita di biodiversità così grande– afferma Erica Sonnenburg, l’autore principale -, ma è probabile che queste estinzioni avranno dei grandi effetti”.