Il gusto? E’ tutta questione di testa.

Un team di ricercatori Usa ha dimostrato, in uno studio pubblicato online su ‘Nature’, che questo senso è collegato direttamente al cervello. E va dunque rivista la convinzione generale secondo cui percepiamo i 5 sapori fondamentali – dolce, acido, salato, amaro e ‘umami’, cioè saporito – con la nostra lingua, che poi invia segnali al cervello raccontando cosa abbiamo assaggiato. 
Gli scienziati sono riusciti infatti ad accendere e spegnere i sapori attivando e silenziando gruppi di cellule cerebrali nei topi. “Nella lingua recettori dedicati rilevano dolce, amaro e così via – assicura Charles S. Zuker, professore di biochimica e biofisica molecolare e delle neuroscienze e ricercatore dell’Howard Hughes Medical Institute in forze al Columbia University Medical Center di New York – ma è il cervello che offre un significato a queste sostanze chimiche”. Il laboratorio di Zuker ha cercato di capire come la mente trasforma la rilevazione di stimoli chimici in percezione. Di recente gli esperti avevano dimostrato che ogni gusto viene rilevato da serie specifiche di cellule cerebrali che si trovano in luoghi separati nella corteccia, e avevano generato una mappa delle qualità gustative nel cervello.
Le ricerche sono state condotte con l’optogenetica, che ha permesso agli scienziati di attivare direttamente i neuroni dedicati con una luce laser. Nell’ultimo studio il team si è concentrato su dolce e amaro (i gusti più riconoscibili, perché il primo consente di individuare sostanze nutritive ricche di energia, l’altro mette in guardia contro sostanze potenzialmente nocive). L’intenzione era capire se la manipolazione dei neuroni nelle aree specifiche individuate potesse evocare la percezione del dolce e dell’amaro nei topi senza che questi li stessero realmente gustando.
“Attivando i neuroni dei sapori in questione, i topi dovrebbero sentire l’amaro o il dolce pur bevendo semplice acqua”, argomenta Zuker. Ed è esattamente quello che hanno osservato sul campo i ricercatori: quando veniva stimolato il gruppo di neuroni del dolce, i topi cominciavano a leccare intensamente l’acqua e smettevano quando venivano invece attivati i neuroni dell’amaro. Iniettando poi una sostanza per mettere a tacere i neuroni ‘dolci’, le cavie non riuscivano più a identificare in maniera attendibile il sapore e riacquistavano la capacità solo quando il farmaco veniva eliminato.
I risultati, spiega il ricercatore Yueqing Peng del laboratorio di Zuker, hanno dimostrato che manipolando i centri cerebrali che rappresentano il gusto dolce e amaro si possono controllare direttamente la percezione sensoriale e i comportamenti degli animali. I ricercatori hanno eseguito anche prove optogenetiche su topi che non avevano mai assaggiato sostanze dolci o amare, e hanno dimostrato che l’attivazione dei neuroni corrispondenti innescava una risposta comportamentale adeguata.
“Questi esperimenti – sottolinea Zuker – dimostrano che formalmente il senso del gusto è indipendente dalla cultura o dall’esperienza, a differenza del sistema olfattivo”. Una serie finale di test, in cui gli esperti hanno agito con il laser sui campi corticali, ha infine dimostrato che la reazione dei topi di fronte a un sapore ‘virtuale’ (suscitato dal laser) non differisce da quella suscitata da un sapore reale. “Il gusto – conclude dunque Zuker – è tutto nel cervello”.