Il dramma (anche psicologico) dell’affidamento. Cosa dice la letteratura e perché in Italia mai alcuno studio è stato fatto

affidamento

Secondo gli ultimi dati disponibili diffusi dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali a fine 2019 risulta la presenza sul territorio nazionale di 27.608 minori collocati fuori famiglia (al netto dei minori stranieri non accompagnati), di cui 13.555 bambini e ragazzi di minore età in affidamento familiare e 14.053 bambini accolti in servizi residenziali per minorenni (cosiddette “comunità”).

I bambini in affidamento familiare sono l’1,4 per mille della popolazione minorile residente in Italia, in diminuzione rispetto agli anni precedenti. Lo stesso report, tuttavia, mostra come invece sia aumentato il numero dei minori collocati in comunità: 14.053 al 31 dicembre 2019 contro i 12.892 al 31 dicembre 2017. Complessivamente, dunque, si registra un aumento dei minori in comunità pari a 1.161 unità in due anni.

Che il fenomeno dell’affidamento abbia negli anni meritato una forte attenzione politica è testimoniato, tra le altre cose, dal fatto che nella scorsa legislatura sono state attivate due commissioni d’inchiesta parlamentari: la “Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto»” (Legge n. 21 dell’8 marzo 2019) e la “Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori. Disposizioni in materia di diritto del minore ad una famiglia” (Legge n.107 del 29 luglio 2020). Soprattutto quest’ultima è stata fondamentale dato che ha messo in luce, grazie alle tante audizioni svolte e alle relazioni, due aspetti critici su tutti: la mancanza di dati certi e aggiornati sui minori collocati fuori famiglia, visto che non esiste, a oggi, un registro dei minori allontanati; e la mancanza di dati sulla durata del collocamento extrafamiliare che – come emerso dalla stessa inchiesta parlamentare – supera in  molti casi i due anni previsti dalla legge.

 

L’INTERESSE DEL MINORE

Al di là dei ragionamenti che emergono sull’eventuale business che ruota attorno al fenomeno, ciò che è emerso dal lavoro parlamentare è che non sempre (o, quantomeno, non sempre con la dovuta attenzione) l’interesse verso il minore sembra prioritario. Eppure le norme a riguardo sono piuttosto chiare. In particolare, la legge 4 maggio 1983, n. 184, ha sancito definitivamente il «diritto del minore alla propria famiglia», portando a compimento il delicato processo di chiusura e di trasformazione dei vecchi orfanotrofi, con la previsione delle cosiddette «comunità familiari», atte a garantire al minore la convivenza in un ambiente il più possibile simile a quello della famiglia propriamente detta, pur continuando a riconoscere un ampio sistema di misure di tutela dell’interesse primario del minore a crescere e ad essere educato nel proprio nucleo familiare…

 

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