Anoressia: quanto è difficile per il cervello (striato) perdere le vecchie abitudini.

Una mela o un cioccolatino? Un pezzo di pizza o un’insalata? Un goloso non avrebbe dubbi, e così anche un anoressico. Secondo quanto raccontato da un articolo scritto da un gruppo di ricercatori della New York University e pubblicato su “Nature Neuroscience”, nelle persone che soffrono di anoressia nervosa, la scelta degli alimenti è associata a un aumento di attività in una specifica regione del cervello, lo striato dorsale. Una regione coinvolta nella gestione dei comportamenti abitudinari, che guiderebbe la scelta in modo univoco anche una volta guariti. Secondo gli studiosi, infatti, anche le persone che entrano in terapia e cercano di aumentare di peso (ossia, cambiano obiettivo rispetto agli anoressici che cercano il dimagrimento), spesso sembrano incapaci di modificare il loro modello di scelta del cibo: continuano a scegliere cibi a basso contenuto di grassi e basso contenuto calorico.
Lo studio è opera di Karin Foerde, Joanna Steinglass e colleghi che hanno studiato 21 pazienti in terapia per l’anoressia nervosa (ma non ospedalizzati) e 21 soggetti sani di controllo. In una serie di test li hanno messi di fronte a una scelta fra svariati prodotti alimentari che differivano per salubrità e gusto. Per assicurarsi che le scelte fossero fatte a ragion veduta, qualche tempo prima del test erano stati fatti assaggiare piccoli campioni dei vari alimenti. Mentre i soggetti facevano le scelte il loro cervello erano monitorato con risonanza magnetica funzionale.
Gli autori hanno scoperto che i pazienti con anoressia nervosa scelgono sempre porzioni nettamente più piccole di alimenti ad alto contenuto di grassi e che a questa scelta corrisponde un aumento dell’attività dello striato dorsale, responsabile delle scelte. 
La cosa da evidenziare è poi che, confrontano i dati di risonanza con quanto registrato giorno per giorno sul “diario alimentare” dei soggetti, i ricercatori hanno scoperto che i livelli di attività nello striato rilevati in un certo giorno permettevano di prevedere l’apporto calorico che i soggetti avrebbero avuto il giorno successivo.