Depressione, l’intervento del presidente onorario della Fondazione BRF Stephen Stahl: “Ecco le ultime novità per la terapia”

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In un periodo molto delicato vista l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, è bene avere la concentrazione alta. Specie su uno dei disturbi più delicati riguardanti la psichiatria: la depressione.

Proprio per questo, oltre ai tanti video realizzati dalla Fondazione BRF, ne pubblichiamo un altro. Ospita questa volta è il nostro presidente onorario, Stephen Stahl.

Il professore dell’Università di California (San Diego) ci spiega in questo video quali sono le ultimissime novità riguardanti la terapia della depressione.

Ecco il video:

Qui di seguito il testo del suo intervento:

 

Salve, sono Stephen Stahl, professore di psichiatria all’università della California a San Diego e sono onorato di rispondere alle vostre domande e dare un piccolo contributo sulla depressione per la fondazione BRF in Italia, come richiesto dalla mia collega Donatella Marazziti. Sarò molto breve.

Voglio offrire un aggiornamento su alcuni argomenti di punta della neurobiologia e dei trattamenti farmacologici della depressione . Per prima cosa è abbastanza chiaro che la depressione non è solo dovuta ad alterazioni delle monoamine, come sancito nelle prime ipotesi, dato che attualmente questa patologia può essere descritta come un cambiamento delle reti del cervello che porta a infiammazione, stress ossidativo, disregolazione neurotrofica, cambiamenti genetici e neuro-degenerazione.

Ci sono effettivamente danni alle sinapsi col tempo; molti pazienti con depressione maggiore in realtà hanno una condizione neuro-degenerativa perché i loro fattori di crescita si riducono durante la malattia e con gli antidepressivi efficaci si normalizzano, mentre quando i trattamenti non funzionano bene, i fattori di crescita restano bassi. Non sappiamo esattamente come si verifichi tutto questo, ma si ritiene possibile che quello che non va nella depressione siano i processi infiammatori che causano cambiamenti neuronali che a loro volta portano alla degenerazione.

Ciò che sappiamo per certo è che più a lungo aspettiamo a trattate un paziente, peggio è, dato che questi può sviluppare decadimento cognitivo e alterazioni di alcune aree del cervello, in particolare dell’ippocampo, soprattutto se la depressione diventa cronica. Questo probabilmente avviene a causa della perdita di connessioni del cervello, per cui se il processo va avanti si arriva alla perdita di neuroni nell’ippocampo. In effetti, la depressione cronica provoca disturbi nella memoria e ulteriori disturbi in varie funzioni cognitive che qualche volta sono irreversibili.

Pertanto è importante trattare i sintomi il prima possibile. Tra gli antidepressivi di ultima generazione abbiamo la ketamina, assunta per via intranasale, e agenti simili alla ketamina, che bloccano i recettori del glutammato chiamati NMDA (n-metil d-aspartato). Gli antagonisti NMDA sembra che cambino immediatamente i fattori neurotrofici e questo è il motivo per il quale funzionano. Interessante, però è anche ricordare che ci sono anche altri composti che si possono prendere per via orale, come il destrometorfano combinato con il bupropione, che ha dato risultati positivi in fase due. Un altro farmaco potenzialmente interessante è il destro-metadone, che è la forma inattiva del metadone e che ha una rapida azione antidepressiva.

Esiste una nuova possibilità terapeutica rappresentata dagli steroidi neuroattivi o neurosteroidi. Il cervello produce steroidi nelle cellule gliali che aiutano la neurotrasmissione del GABA. Tra i neurosteroidi più interessanti abbiamo l’allopregnenolone, derivato del pregnenolone che aumenta la neurotrasmissione gabaergica extrasinaptica. Tali neurosteroidi non hanno nulla a che vedere con le benzodiazepine, ma cambiano rapidamente i fattori così come rapidamente svolgono un’azione antidepressiva.

Il messaggio importante del mio breve intervento è che bisogna trattare precocemente la depressione, prima che si arrivi a un danno del cervello e a una perdita irreversibile dei fattori neurotrofici. Siate certi che nei prossimi anni ci saranno nuovi trattamenti che saranno anche più rapidi e molto diversi rispetto ai nostri attuali farmaci.

Grazie mille