Uno studio sui prioni con un occhio alle malattie neurodegenerative

Il Laboratorio di Biologia Prioni della SISSA di Trieste, in collaborazione con l’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, ha assemblato in laboratorio dei prioni artificiali, mettendo a punto un metodo per sintetizzarli in serie. 

Le prove di laboratorio hanno mostrato che questi si comportano come i prioni biologici. 
“Ci aiuteranno a comprendere con precisione i meccanismi con cui i prioni provocano malattie come la ‘mucca pazza’, è la prima volta che si riesce a fare una cosa del genere”, dicono alla Sissa. Il team di ricercatori ha sintetizzato in laboratorio prioni di topo e verificato il loro effetto nel provocare la malattia: è comparabile a quello dei prioni naturali. Le prove hanno mostrato che i prioni sintetici si comportano come quelli biologici. Una volta “‘caratterizzati’, abbiamo osservato che sono molto simili a quelli della mucca pazza e della variante di Creutzfeldt-Jakob, la forma umana della malattia”, ha spiegato Giuseppe Legname, coordinatore dello studio. Lavorare con i prioni ‘naturali’ non è semplice perché sono complessi e molto eterogenei, mentre “quelli sintetici sono molto più controllabili, omogenei e strutturalmente definiti, ma hanno le stesse conseguenze di quelli biologici”, precisa ancora Legname. La ricerca continua anche sui prioni umani, anche in base alla convinzione che “alla base della maggior parte delle malattie neurodegenerative vi siano molecole con meccanismi simili a quelli dei prioni”, come “molecole che provocano l’Alzheimer, come la beta-amiloide, o il Parkinson, o anche la sclerosi amiotrofica laterale”.