Così gli esseri umani stavano rischiando l’estinzione. Lo studio del prof. Giorgio Manzi pubblicato su “Science”. E se il rischio fosse concreto ancora oggi?

Giorgio Manzi

Il caldo anomalo che ha caratterizzato la stagione estiva da poco conclusa è solo uno dei segnali più allarmanti del cambiamento in atto. Il clima sta mutando velocemente e non lo fa in maniera subdola: quello che sta accadendo è sotto gli occhi di tutti. Nubifragi, uragani, calore asfissiante o alluvioni sono gli eventi che sempre più caratterizzano anche il nostro Paese considerato fino a poco tempo fa una culla di pace e tranquillità. L’impatto degli eventi climatici, anche se ancora sottovalutato da una consistente fetta della popolazione mondiale, può essere devastante come già accaduto nella storia del Pianeta. Lo hanno reso noto genetisti e bioinformatici cinesi con la collaborazione dell’università Sapienza di Roma e università di Firenze in uno studio pubblicato sulla prestigiosa “Science”. Tra 900 mila e 800 mila anni fa la popolazione umana sulla Terra si è ridotta drasticamente arrivando a sfiorare l’estinzione. La causa potrebbe essere stata proprio il clima. Alla pubblicazione ha partecipato anche il professore Giorgio Manzi, accademico dei Lincei, antropologo e paleontologo. “La situazione attuale è totalmente diversa ma siamo comunque in presenza di una condizione che climaticamente e non solo si sta modificando in tempi molto accelerati ed è proprio la rapidità del cambiamento climatico e ambientale cui assistiamo che deve farci comprendere la serietà del problema” ha detto il prof Manzi a Brain. Lo studio pubblicato su “Science” mostra come sulla Terra, migliaia e migliaia di anni fa esistessero diverse specie di essere umani risultanti di un percorso evolutivo che era ancora ben lontano dalla comparsa della nostra specie Homo sapiens. 

“Erano varietà di una fase del Paleolitico inferiore, umani primordiali con un cervello ancora non del tutto sviluppato, basti pensare che le specie dell’epoca avevano un cervello grande poco più di due terzi di quello attuale o di quello di specie a noi affini come i Neanderthal” ha aggiunto Manzi. Lo studio dei dati genetici fatto dagli scienziati cinesi “è riuscito a far risalire, con un nuovo algoritmo di loro creazione, dalla variabilità genetica attuale a strozzature delle dimensioni delle popolazioni del passato, individuando un fortissimo ‘collo di bottiglia’ intorno a 800-900 mila anni fa”. Questo “collo di bottiglia” fu drammatico per certi versi perché portò alla decimazione dei nostri antenati di allora, ma fu generativo per altri versi, tanto da produrre una forma umana nuova, con diverse qualità e con migliori capacità e di affrontare le avversità ambientali. Ne è emerso un nostro antenato diretto, Homo haidelbergensis, che fu in grado di espandersi dal punto di vista demografico e di diffondersi geograficamente, nel mentre che continuano a esistere forme umane di altro tipo derivate da stadi evolutivi ancora precedenti.

 

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