Una neuropsichiatra molto attuale: Anneliese Pontius a cent’anni dalla nascita. Storia e incredibili gesta di chi ha inventato la “neuroetica”

anneliese pontius

Probabilmente pochi avranno mai sentito parlare di Anneliese Pontius. Eppure le rivoluzionarie scoperte scientifiche nell’ambito della vita e della salute dell’essere umano hanno portato alla luce il problema di come interpretare ed applicare i dati delle ricerche neuroscientifiche. Tali questioni hanno fatto sorgere una disciplina-ponte identificata con il neologismo neuroetica: luogo di giunzione tra neuroscienze, filosofia e riflessione bioetica; un terreno di riflessione antropologica, culturale e sociale.

Identificata sin dal 2002 quale porzione specifica di quella bioetica riguardante il sistema nervoso ed il cervello come sua parte specifica, solo recentemente la neuroetica è stata definita quale riflessione sistematica ed informata, cioè filosofica, sulle neuroscienze e sulle multiformi interpretazioni delle stesse con il fine di migliorare la nostra comprensione su noi stessi e poter prendere decisioni sul presente delle applicazioni all’essere umano di tecnologie e sostanze che interferiscono con il normale funzionamento neurale e sul futuro di tali impieghi per la salute e il benessere di tutto l’uomo e di ogni uomo. 

Nella maniera più assoluta, il grande problema contemporaneo nel dibattito neuroetico non si concentra sul turbamento o sui potenziali timori che possono sorgere da una concezione, per così dire, “cerebrocentrica” del vivere e che i cosiddetti “neuro-maniaci” tendono ad enfatizzare, bensì la grande sfida è quella dell’integrazione, cioè quella di incorporare i dati e le evidenze empiriche delle neuroscienze all’interno di una cornice più vasta riguardante l’essere umano, capace di contenere, senza ridurle, assorbirle o escluderle a priori, sfere dell’esistenza e del vissuto personale, culturale e sociale irriducibili al mero e spurio meccanicismo elettrochimico cerebrale.

Tale integrazione si rende quanto mai necessaria, non soltanto teoreticamente parlando, bensì soprattutto a livello di modelli di comprensione dell’essere e dell’agire della persona umana tali da fornire risposte adeguate capaci di tradursi, in ultima analisi, in soluzioni terapeutiche che beneficino realmente il paziente, l’essere umano reso vulnerabile dalla malattia, specie di quella di natura psichiatrica. 

Nel panorama contemporaneo, a cavallo tra bioetica, neuroscienze, psichiatria, clinica, filosofia della mente (Mind Philosophy), emerge, sin dagli anni Settanta del secolo scorso, un ambito di riflessione e d’azione proprio, definito per la prima volta con il neologismo Neuro-Ethics (Neuroetica) dal medico e neuropsichiatra di origini tedesche Anneliese Pontius (1921-2018) nata cent’anni fa…

 

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