15 Feb
Per capire cosa sia la neuroetica della memoria bisogna partire da principio. Definito da Steven Peter Rose l’era del cervello umano, il XXI secolo si caratterizza spesso per l’avvincente sfida del cambiamento a livello neuronale, del miglioramento, di quel concetto anglosassone che suona a enbetterment, improvement o enhancement e che nella lingua di Dante Alighieri suonerebbe meglio a “miglioramento” cerebrale. Si intitolava infatti “Come migliorare il proprio stato mentale, fisico, finanziario. Manuale di psicologia del cambiamento” il volume di quasi 500 pagine di Anthony Robbins, mentre in Italia sono diffusi i testi di Matteo Salvo come “Professione: studente 30 e lode” oppure “Metti il turbo alla tua mente. Mappe mentali”. Molte delle pubblicazioni in quel settore neuroetico che oggi si conosce come neurodidattica o neuroeducazione toccano una dimensione umana essenziale e costitutiva: la memoria. Forse una delle esperte attuali del settore è la professoressa universitaria Barbara Ann Oakley.
La neuroetica ricordiamo è quella riflessione sistematica ed informata sulle neuroscienze e sulle interpretazioni delle stesse scienze neurali che ha come obiettivo l’auto comprensione di noi stessi e dei conseguenti benefici e pericoli dell’applicazione delle neurotecnologie contemporanee.
In questo contesto interdisciplinare e trans disciplinare di riflessione di filosofia pratica, la memoria – meglio declinarla al plurale “le memorie” – è la realtà al centro delle strategie neuroeducative odierne che puntano a migliorarne l’efficacia. Da “Storia della memoria. Tesoro e custode di tutte le cose” a firma di Michael S. Malone, a “L’arte di ricordare tutto” di Joshua Foer, da ” Il segreto di una memoria prodigiosa. Tecniche di memorizzazione rapida”, a una sterminata letteratura in tutte le lingue, le memorie divengono il tesoro importante di quei tratti della personalità umana che ne determinano l’identità psicologica. Una tematica clinica importante, quella della neuroetica, se consideriamo che nel mondo sono oltre 56 milioni di persone che convivono con le demenze tra le quali spicca la Malattia di Alzheimer. Sul versante transumanistico poi, le memorie diventano fondamentali nella visione riduzionistica della persona umana appunto alla materialità dei suoi ricordi ipoteticamente digitalizzabiline resi perciò “immortali” su una piattaforma digitale. La cinematografia critica sull’argomento della neuroetica della memoria ha prodotto numerosi cortometraggi e serie sul tema, basti citare Selfless, Transcendence, Upload, oppure Altered Carbon…