Strage di Monaco: il rischio delle parole sbagliate

Il gesto del ragazzo diciottenne di Monaco che ha ucciso 8 persone ieri a Monaco di Baviera e poi si è suicidato è stato in maniera troppo frettolosa e semplicistica, a nostro avviso, bollato come il gesto isolato “di un folle” che era “depresso”, era stato “ricoverato in ospedale in passato”  ed era “sotto cura”, come pare abbia dichiarato egli stesso prima di morire.

Queste spiegazioni, che attribuiscono gesti efferati come quello di ieri a un malato, possono senza dubbio tranquillizzare le paure dei più, ma rappresentano una vera e propria ingiustizia nei confronti dei molti pazienti affetti da patologie psichiatriche. Si rischia infatti di rispolverare la vecchia e scorretta equazione “patologia psichiatrica=pericolosità sociale/criminalità” che è stata abolita dopo decenni di battaglie sociali e legislative.  E’ stato infatti ampiamente dimostrato che i comportamenti aggressivi scatenati dai disturbi psichiatrici rappresentano una minima quota di quelli totali. 

Pertanto se vogliamo cercare delle spiegazioni ai comportamenti terroristici o violenti che stanno insanguinando varie nazioni europee e non in queste ultime settimane, dobbiamo rifuggire dal riduzionismo e dalla necessità impulsiva di voler tranquillizzare ad ogni costo l’opinione pubblica. Non ci dobbiamo poi dimenticare che si tratta di fenomeni complessi ed eterogenei che scaturiscono probabilmente dalla miscela esplosiva che si viene a creare tra vari fattori che possono agire in maniera diversa e con peso differente su individui più fragili fino a scatenare un’aggressività brutale. Tali fattori comprendono la vulnerabilità di base, che va però sempre contestualizzata a livello sia familiare che ambientale, l’uso eccessivo di video-giochi violenti con perdita progressiva del confine tra reale e virtuale, emulazione di atti aggressivi precedenti (non è certo un caso che proprio ieri cadeva il 5° anniversario della strage di Utoya Norvegia, il che apre altri interrogativi sul ruolo dei media), fino alla giustificazione del comportamento violento in una cornice ideologicamente radicale, non sempre presente.